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Museo storico della Liberazione - Roma

Città della comunicazione

Il fascismo, come ogni regime totalitario, mostrò – a partire dal suo capo, ex giornalista – una particolare sensibilità allo sviluppo delle comunicazioni e della propaganda. Così, promosse l’accentramento nella Capitale delle centrali dell’informazione e dello spettacolo, anche se in precedenza si erano sviluppate altrove. Per esercitare sul sistema il suo controllo, elaborò direttive minuziose ed esercitò penetrante censura su ciò che si pubblicava e veniva rappresentato: culminando nell’istituzione del Ministero della cultura popolare (Minculpop). Trasformò in organo pubblico semiufficiale l’Agenzia giornalistica Stefani, nata come impresa privata.

Accanto ai giornali tradizionali della Capitale – Il Messaggero, La Tribuna, Il Giornale d’Italia, ecc. – si svilupparono testate più legate al fascismo, come il Tevere e l’Impero. Grande sviluppo ebbe la radio, la cui centrale di produzione fu trasferita da Torino a Roma: l’Ente italiano audizioni radiofoniche (EIAR) ebbe sue sedi in Via del Babbuino e in Via Asiago. Ma la grande novità fu lo sviluppo della cinematografia pubblica, con lo sviluppo del polo tuscolano con Cinecittà, il Centro sperimentale di cinematografia (vera alta scuola delle professioni del cinema), l’Istituto LUCE (L’Unione cinematografica editoriale), centro di produzione del cinema di propaganda.