Profilo biografico. Nacque a Roma nel 1921 da un colonnello dell’esercito comandante del 5° Reggimento artiglieria contraerea "Superga". Nel 1941 era uno studente di Lettere quando decise di seguire le orme paterne ed avviarsi alla carriera militare. Si trasferì a Torino e cominciò a frequentare il corso per sergenti proprio nel reggimento comandato dal padre. Il 19 luglio del 1941 partì per il fronte russo con il primo corpo di spedizione italiano, vi rimase fino al gennaio del 1942 quando rientrò a casa per un principio di congelamento. Si laureò nel luglio del 1943 in Lettere. A Roma rimase in convalescenza per qualche mese e nell’autunno del 1944 cominciò a frequentare il corso di allievi ufficiali a Sabaudia, finito il corso fu destinato a Padova al 5° Reggimento di artiglieria contraerea. L’8 settembre 1943 fuggì dalla caserma padovana occupata dai tedeschi e tornò verso Roma. Attraverso l’Abruzzo giunse ad Isernia dove ebbe i primi contatti con gli Alleati, lì passò molte informazioni sulla dislocazione dei campi minati tedeschi lungo il Volturno.. Fu distaccato presso l’Oss. Dopo lo sbarco alleato ebbe contatti con Peter Tompkins. Fu inviato a Roma per prendere il comando di tutto il servizio informazioni dipendente dall’Oss nell’Italia occupata. Il 4 maggio 1944 fu arrestato dal Comando della polizia e del servizio di sicurezza tedesco di via Tasso. Fu imprigionato, interrogato, torturato e condannato a morte. Fu liberato solo all’arrivo degli Alleati il 4 giugno. Il 18 dicembre 1944 sposò Elvira Sabbatini Paladini, compagna di università che ebbe un ruolo nella gestione della radio clandestina. Nel 1950 vinse un concorso a cattedra al Convitto nazionale “Vittorio Emanuele II” con la cattedra prima di filosofia e poi di storia, italiano e latino. Nel 1986 venne posto a riposo e cominciò a collaborare con il senatore Paolo Emilio Taviani che nel frattempo era diventato presidente del Museo storico della Liberazione. Fu nominato direttore del Museo, il suo impegno fu perlopiù orientato all’attività didattica e divulgativa svolta soprattutto nei confronti degli studenti delle scuole. Svolse questo impegno per cinque anni fino al 1991, quando morì il 24 luglio.
Archivio Arrigo Paladini. Il fondo denominato Archivio Arrigo Paladini (1944-2005) è un complesso documentale, donato al Museo con due versamenti, rappresentato in massima parte dalle carte donate al Museo dalla vedova di Arrigo Paladini, Elvira Sabbatini Paladini e da una serie di documenti raccolti dal Museo sull'attività che lo stesso Paladini svolse prima, nel periodo della Resistenza, poi, con il ruolo di direttore. Costituisce un fondo aggregato. Non è stato possibile rintracciare nelle carte dell'Archivio Istituzionale l'atto di donazione, presumibilmente, però, venne donato in più tranche a partire dal 2004. I documenti sono pervenuti senza alcuna organizzazione originale. Si può parlare di un archivio parziale o mutilo in quanto non è esaustivo dell'attività di Arrigo Paladini. Contiene un piccolo nucleo di documenti prodotti tra il 1944 ed il 1945 dallo stesso Paladini durante l'attività clandestina svolta come ufficiale di collegamento dell'Office of Strategic Services (Oss): biglietti contenenti codici, missive, messaggi criptati redatti per l'organizzazione degli incontri tra membri della Resistenza e per l'organizzazione delle azioni; in particolare sulla questione dell'agente con il nome convenzionale di Coniglio. Essi a seguito del riordinamento sono stati convogliati nella serie: I. Attività clandestina. Altro nucleo è rappresentato dalla documentazione prodotta o raccolta da Paladini e dai collaboratori del Museo: documenti trascritti o fotocopie di articoli, ritagli di riviste di quotidiani o saggi a firma di Paladini o di altri autori su tematiche di interesse. Queste carte compongono attualmente la serie II. Articoli, ricerche, studi e pubblicazioni. Serie I. Attività clandestina Serie II. Articoli, ricerche studi e pubblicazioni
Inventario (I versamento) a cura di: Alessia Glielmi
Bibliografia: Alessia A. Glielmi, Guida all'archivio del Museo storico della Liberazione, Vecchiarelli, Manziana, 2015; Alessia A. Glielmi, Roma nazista e la sua difficile memoria. il ruolo strategico dell’archivio del Museo storico della Liberazione, in «Culture del testo e del documento», 14., 2013, n° 40. Gennaio-Aprile, p. 27-50: ill.
Profilo biografico. Nacque a Roma il 28 dicembre 1891. Frequentò l’università di Roma dal 1910 al 1913 senza però finire gli studi che riprese più avanti laureandosi quando già era commissario di polizia nel 1929 a Perugia. Amante del teatro e assiduo frequentatore dell’ambiente teatrale si fece scritturare come commediante “generico” dalla compagnia stabile del Teatro Argentina tra il 1911 e il 1912. In quel periodo sviluppò notevoli capacità recitative e di travestimento che gli tornarono molto utili, in seguito, nel corso della sua professione di investigatore. Dosi entrò in Polizia nel 1913, fu destinato in diverse città italiane, tra le quali prima Udine e poi Milano, per rientrare a Roma nel 1918. Primo importante incarico con questa funzione fu svolto a Madeira, tra gennaio 1920 e luglio 1921, dove si trovava la residenza di Carlo d’Asburgo, ultimo regnate d’Austria morto nel 1922, obbligato al confino; Dosi fu inviato allo scopo di informare le autorità sulla situazione molto fragile della politica interna attraverso attività di sorveglianza nei confronti dell’ex regnante e dei suoi sostenitori che volevano rimetterlo sul trono. Per un breve periodo fu anche console dello stato italiano presso l’isola di Madeira. L’esperienza che segnò profondamente la sua esistenza fu l’inchiesta sul “mostro di Roma”, un pedofilo, mai veramente individuato, che uccise quattro bambine tra il 1924 e il 1928. Alle indagini svolte in occasione di quegli episodi seguirono profondi dissidi con i vertici della Polizia e poi del Regime. A partire dal 1928 fu allontanato da Roma e spedito per motivi di servizio in diverse città d’Italia come Cortina d’Ampezzo, Firenze, Urbino e Vasto da cui rientrò nel 1936. La durezza con cui reagì pubblicamente a quelle ingiustizie lo portarono all’arresto e l’incarceramento a Regina Coeli nel 1939 e all’internamente all’ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà dove rimase fino al gennaio 1941. Quando fu liberato non fu reintegrato al suo posto di lavoro in polizia, ma riuscì a trovare un’occupazione come funzionario amministrativo presso l’Eiar (Ente italiano per le audizioni radiofoniche) dove si occupò di pratiche amministrative, di controllo e vigilanza. Assistette anche all’arrivo degli alleati americani del 4 giugno 1944. Quella stessa mattina egli si diresse a via Tasso, sede del carcere delle SS tedesche abbandonato velocemente nelle ore precedenti e preso d’assalto dalla popolazione, riuscì a scattare fotografie utili per la documentazione dei fatti e salvò un grandissimo numero di documenti tedeschi lì conservati che rischiavano la distruzione dalla folla inferocita1. Prese immediatamente contatti con gli Alleati e si mise a loro disposizione divenendo presto, a fine giugno, “tecnico speciale” in campo investigativo per il controspionaggio prima alla German Section poi alla Political section del Cic – USArmy (Counter Intelligence Corp) svolgendo il ruolo di collegamento tra le autorità americane, il Ministero dell’Interno e la Questura di Roma. La collaborazione con gli americani terminò nel giugno del 1946. Nella seconda metà del 1946 gli venne affidata la direzione dell’Interpol italiana presso la Direzione Generale di Pubblica Sicurezza. Con questo ruolo intervenne a numerose assemblee delle commissioni internazionali che si svolsero in diverse città del mondo dove, di volta in volta, venivano trattati argomenti diversi sulla criminalità internazionale. Nel 1956, posto in congedo, fu nominato commendatore della Repubblica.
Archivio Giuseppe Dosi. Documentazione prodotta e raccolta da Giuseppe Dosi acquisita più tranche a partire dal 2009 al 2019. L’archivio è il frutto di una sedimentazione documentale di natura eterogenea voluta dal soggetto produttore effettuata nel corso di un’intera esistenza, infatti, il complesso documentale riflette i suoi molteplici interessi e la volontà di conservarne memoria attraverso testimonianze di diversa natura e origine. Il complesso documentario contiene materiale di eterogenea natura e origine sia come contenuto che, come tipologia, (fotografie, cartoline, articoli di giornale, biglietti da visita, corrispondenza, menù, ricevute di pagamento) conservati da Dosi in base a un proprio criterio definito dall’argomento trattato. Si trovano conservate le ricostruzioni di alcune vicende giudiziarie dell’epoca fascista e del dopoguerra, fatti di cronache nazionali e internazionali, vicende politiche, attività investigative e didattiche, vicende legate all’occupazione nazista di Roma. Non manca un nutrito gruppo di carte che testimoniano momenti di vita privata e interessi culturali del soggetto produttore. La particolarità di questo fondo è la continua implementazione di nuovi documenti all’interno di ogni fascicolo, infatti Dosi aveva l’abitudine di incrementare costantemente i raccoglitori inserendo, alla fine di ognuno, documenti che riguardassero o avessero attinenza con gli affari trattati anche se conclusi da tempo. La struttura del fondo “Archivio Giuseppe Dosi” consiste, per il primo versamento, di 4 serie già individuate:
Serie 1. Operazione via Tasso,
Serie 2. Attività svolta nel CIC,
Serie 3. Polizia internazionale
Serie 4. Ricerche, studi e pubblicazioni, raccolte in 4 unità di conservazione;
per il “secondo versamento”, oggetto del presente ordinamento, si è proceduto all’individuazione di 3 serie che risultano assimilabili (per contenuto ed estremi cronologici) al primo versamento:
Serie 1. Attività svolta nel CIC
Serie 2. Polizia internazionale - Interpol
Serie 3. Carte diverse
Consistenza: 37 faldoni
Strumenti archivistici Inventari a cura di Alessia Glielmi e Doriana Serafini
Bibliografia: Alessia A. Glielmi, Guida all'archivio del Museo storico della Liberazione, Vecchiarelli, Manziana, 2015; Alessia A. Glielmi, Giuseppe Dosi: la storia dell’uomo, il caso del suo archivio, in «Dosi: l’inventore italiano dell’Interpol», a cura di Raffaele Camposano (Ufficio Storico della Polizia di Stato), Quaderno 2, Roma, 2015, p. 29-65; 207-219; Alessia A. Glielmi, Roma nazista e la sua difficile memoria. il ruolo strategico dell’archivio del Museo storico della Liberazione, in «Culture del testo e del documento», 14., 2013, n° 40. Gennaio-Aprile, p. 27-50: ill.; Alessia Glielmi, Dalla professionalità all’antifascismo. Storia di Giuseppe Dosi, dirigente della Polizia, in «Miscellanea in onore del prof. Piero Innocenti», Vecchiarelli, Manziana, 2011.
Giannetto Barrera (Roma 1920 – Roma 1993). Da sottotenente carrista, partecipò alla battaglia di Porta san Paolo a Roma e contribuì alla lotta clandestina nelle file dell’Organizzazione commissariati del Fronte militare clandestino come addetto al Comando. Dopo la liberazione di Roma, fu inquadrato nelle forze della Civil police del Governo militare alleato e gestirà l’Ufficio militare della Questura di Roma. Fonda il Centro operativo tra genitori per l’iniziativa democratica e antifascista nella scuola (Cogidas), volta a contrastare e monitorare la diffusa violenza di stampo neofascista degli anni ’70.
Il fondo archivistico è strutturato in 7 serie archivistiche, a loro volta articolate in fascicoli e sotto-fascicoli, che rispecchiano le attività del soggetto produttore, dalla formazione alle attività professionali e politiche, passando per il periodo resistenziale:
1. Documenti personali, 9 u.a.;
2. Ritagli stampa, 13 u.a.;
3. Associazionismo, 4 u.a.;
4. Attività professionale, 6 u.a.;
5. Attività resistenziale (Organizzazione commissariati), 12 u.a.;
6. Ufficio militare, 11 u.a.;
7. Attività politica, 9 u.a.
Le operazioni archivistiche eseguite hanno previsto un’iniziale redazione di un elenco di consistenza, seguita dal riordinamento delle carte e dalla schedatura analitica dei fascicoli su supporto informatico. Il riordinamento delle unità archivistiche ha permesso l’individuazione delle serie archivistiche e la redazione finale dell’inventario analitico delle unità archivistiche corredato dagli indici (di nomi, di enti e istituzioni, di luoghi).
Estremi cronologici: 1935/05/30 - 1986/08/01.
Strumenti archivistici: Inventario analitico dell'archivio di Giannetto Barrera: Organizzazione Commissariati, un nuovo tassello della Resistenza romana” a cura di Sara Riolo
Profilo biografico. Pietro Benedetti (Atessa, CH, 1902 – Roma 1944). Partecipò alla lotta clandestina nelle formazioni militari partigiane delle Brigate Garibaldi, assumendo il comando e il coordinamento della I zona comunista di Roma. In seguito a delazione, fu arrestato e trasferito nel reparto italiano del “sesto braccio” delle carceri di Regina Coeli. Condannato a morte per possesso di armi, l’esecuzione per fucilazione avvenne il 29 aprile del 1944 al Forte Bravetta. Gli fu riconosciuta la qualifica di ''Partigiano combattente caduto'' e il conferimento della croce di guerra al valor militare ''alla memoria''.
Il piccolo nucleo è formato da 3 serie archivistiche, articolate in fascicoli, sotto-fascicoli e unità documentarie, che si compongono di documenti prodotti dal Bendetti e dai congiunti:
1. Documentazione dal carcere Regina Coeli, 1 u.a.;
2. Riconoscimento attività partigiana, 1 u.a.;
3. Documentazione e stampa commemorativa, 1 u.a.
Il lavoro archivistico ha previsto l’unificazione dei due nuclei di carte donate al Museo. In sede di riordinamento, le unità documentarie sono state raggruppate in fascicoli e sotto-fascicoli e individuata la struttura delle serie archivistiche. Il fondo è stato sottoposto a un’inventariazione analitica delle carte corredata dagli indici (di nomi, di enti e istituzioni, di luoghi).
Estremi cronologici: 1944/03/03 - 2003/04/25
Strumenti archivistici: Pietro Benedetti. Inventario delle carte conservate presso il Museo storico della Liberazione e itinerario documentale per la conoscenza delle fonti romane a cura di Sara Riolo
Paolo V. Buffa nacque a Milano nel 1913, si trasferisce a Roma con la famiglia nel 1933. Dopo la maturità si iscrive alla facoltà di Medicina e Chirurgia.
Enrica Filippini Lera nacque a Roma nel 1914, conosciuto Buffa inizia a frequentare ambienti antifascisti insieme a Vera Michelin Salomon e altri giovani, per questo arrestate e condotte prima a Via Tasso e poi a Regina Coeli. Paolo Buffa fu liberato mentre Enrica e Vera furono deportate prima nel campo di Dachau e poi trasferite ad Aichach.
Finito il conflitto Paolo sposò Enrica, si laureò ed iniziò la sua carriera di ricercatore e docente universitario.
Il piccolo nucleo documentario, donato da Vera Michelin Salomon al Museo storico della Liberazione, contiene documentazione riconducibile ai coniugi Paolo Buffa ed Enrica Filippini Lera, tutti coinvolti in attività antifascista. È frutto della sedimentazione di documenti, oggetti e foto raccolti dalla donante. La documentazione, fortemente eterogenea nel contenuto e nel materiale, comprende principalmente foto, oggetti manufatti durante la detenzione e la deportazione, libri, VHS, fiori e foglie essiccate, lettere, documenti personali principalmente dei coniugi Buffa. Considerata l’ esigua consistenza delle carte, si è rispettato l’ordinamento attribuito al nucleo dalla donante.
Estremi cronologici: 1922/04/29 - [2001], con documentazione senza data
BIBLIOGRAFIA
E. Filippini Lera, M. L. Cavarra, I fiori di lillà quel giorno: una storia piccola, Nuovagrafica, Carpi 1995.
M. Sestili, I ragazzi di via Buonarroti. Una storia della Resistenza. Marlin Editore s.r.l., 2015
Michele Coppola nacque ad Apricena, in provincia di Foggia (anche se sul foglio matricolare risulta essere nato a Termoli – CB) nel 1915. Nel 1934 si arruolò nel 5° Reggimento bersaglieri. Contrasse matrimonio nel 1942. Al momento dell'annuncio dell'armistizio si trovava i Grecia (isola di Eubea), fu deportato in Germania, dove rimase prigioniero come internato militare italiano, fino alla liberazione. Tornò in Italia e continuò la carriera militare. Andò in pensione con il grado di Maresciallo Maggiore, si trasferì a Termoli dove morì nel 2004.
La biografia del soggetto produttore è stata redatta sulla base delle testimonianze dei familiari e dai dati rinvenuti nei documenti facenti parte del fondo archivistico.
Le carte “Michele Coppola” si compongono di diverse tipologie documentarie prodotte e acquisite dal soggetto produttore e dai familiari, in un arco cronologico che va dal 1943 al 2019. Sono perlopiù la testimonianza della sua attività militare (prima e dopo la guerra) e della sua deportazione. Si tratta di documentazione eterogenea che comprende: oltre 200 foto digitalizzate, foglio matricolare, certificato elettorale per l'elezione dell'Assemblea Costituente, fogli di licenza, cartoline e lettere ai familiari, un diario di prigionia, una trascrizione parziale dello stesso, documentazione prodotta dai familiari per il riconoscimento della medaglia al valore conferita nel 2019.
La documentazione è giunta al Museo storico della Liberazione nel 2015 e in tre successive donazioni. Al momento del primo, e più consistente, versamento le carte si trovavano condizionate in un faldone verde. Si è proceduto a una schedatura analitica a livello di unità documentale. La struttura del fondo si compone di due serie: Sezione documenti personali. Sezione fotografie.
Estremi cronologici: 1938/04/03 -2016/06/17, con documenti senza data
BIBLIOGRAFIA
C. Federici, Storia di uno, storia di tanti. Diario di prigionia di un Internato Militare Italiano, edizioni Chillemi, Roma 2020.
Profilo biografico. Nasce il 15 maggio 1920 a Roma. Frequenta le scuole medie ed il ginnasio presso l’Istituto paritario pontificio S. Apollinare di Roma. Consegue la maturità classica nel 1939. Durante il percorso di studi si iscrive all’Associazione culturale cattolica “Dante e Leonardo” e all’Associazione missionaria dell’Immacolata parrocchia di S. Eustachio di Roma. Dall’analisi del foglio matricolare risulta chiamato alle armi nel 1940 e posto in congedo quasi subito. Nel 1941 viene chiamato nuovamente e per motivi di studio gli viene concesso un congedo provvisorio. Nel 1942 viene richiamato definitivamente, ma entra in convalescenza. Verrà posto in congedo illimitato il 3 novembre 1945. Nel 1940 comincia l’attività politica antifascista clandestina nel Movimento cattolici comunisti costituto nel 1943 e nell’Organizzazione militare democrazia del lavoro. Viene arrestato il 15 luglio 1943 dalla polizia politica e trattenuto presso la Questura di Roma per detenzione di materiale clandestino (manifesti). Dopo la fine della guerra, nel 1946, consegue la laurea presso la facoltà di ingegneria dell’Università di Roma. Nel Dopoguerra lavora presso il Ministero dei Lavori pubblici. Vi rimarrà fino al 1958, quando lascia il Ministero e si dedica all’attività privata aprendo uno studio. Nel 1993, a causa di problemi di salute, rallenta la sua attività. In questo stesso periodo comincia a dedicarsi alla divulgazione della attività resistenziale. Muore a Roma il 16 gennaio 2000.
Archivio Amedeo Coccia. Il fondo archivistico si compone di materiale eterogeneo, prevalentemente di documentazione legata all’attività clandestina svolta durante la Seconda guerra mondiale e di documentazione relativa all’attività professionale legata alla realizzazione di progetti quali il restauro del complesso di S. Michele a Ripa di Roma. Parte cospicua della documentazione è composta da una raccolta di articoli, ritagli di giornale e riviste. Dagli appunti rinvenuti durante lo spoglio del materiale si intuisce che una porzione dell’archivio era stato collocato in una residenza di famiglia a Fregene (Roma). Di questa, un nucleo, quello tecnico relativo ai lavori realizzati, però, fu distrutto dallo stesso Coccia, una seconda parte rimase intatta e venne riorganizzata dalla moglie. La numerazione attribuita per la redazione del presente elenco di consistenza si riferisce alle unità di conservazione.
Bibliografia:
Alessia A. Glielmi, Guida all'archivio del Museo storico della Liberazione, Vecchiarelli, Manziana, 2015
Profilo biografico. Nato a Ponza nel 1938 è un giornalista, politico e storico. È stato redattore de «L’Unità» dal 1960 al 1967. È stato parlamentare italiano per tre legislature. È autore di numerosi studi storici che hanno avuto ad oggetto la formazione partigiana Bandiera Rossa, il confino politico durante il ventennio fascista e la massoneria.
Archivio Silverio Corvisieri. Il materiale documentario, anche in questo caso si tratta di uno spezzone d’archivio, non è esaustivo di tutta l’attività del soggetto produttore. È conservato in 27 faldoni/raccoglitori di cartone rigido e metallo contenenti perlopiù documentazione fascicolata. La documentazione, che abbraccia un arco cronologico che va dagli anni Quaranta al 2000, è condizionata, per la maggior parte, in fascicoli. Le unità archivistiche sono composte da carte sciolte: ritagli di quotidiani e riviste, stampe di file recuperati in internet, appunti dattiloscritti e manoscritti, relazioni, fotocopie di documentazione conservata presso diversi Archivi di Stato, fotografie, fotocopie di volumi ed estratti di riviste e, in rari casi, di documentazione originale perlopiù relativa all’attività di “Bandiera Rossa”. La documentazione è stata donata al Museo nel 2013. Si forniscono dati relativi a: numerazione attribuita dal soggetto produttore, numerazione provvisoria, descrizione delle unità, estremi cronologici. La numerazione attribuita per la redazione del presente elenco di consistenza si riferisce alle unità di conservazione.
Bibliografia
Alessia A. Glielmi, Guida all'archivio del Museo storico della Liberazione, Vecchiarelli, Manziana, 2015
Si tratta di documentazione presente sin dai primissimi anni di vita nell’archivio del Museo che contiene dati relativi alle vittime della strage delle Fosse Ardeatine. Dal contenuto di alcuni di questi documenti che riportano tutti il timbro dell’associazione, dall’analisi si intuisce che nel 1945 venne lanciata un’iniziativa da parte dell’associazione per la pubblicazione di un volume1 che ricordasse le figure «più luminose dei martiri dell’esecrando eccidio del 24 marzo». A tal fine fu avviata una campagna volta a raccogliere documentazione su tale tematica. Il risultato fu che i familiari delle vittime recapitarono all’associazione numerosi documenti contenenti dati sui propri congiunti. Non è chiaro il motivo per cui questa documentazione sia confluita nell’archivio del Museo, non è stato possibile rintracciare nessun documento che citi il passaggio di queste carte dall’archivio ANPI a quello del Museo. L’ipotesi più plausibile è che le carte in realtà non siano mai state trasferite dalla sede in cui sono state raccolte. Attualmente questa documentazione si trova nell’Archivio Istituzionale, sezione Dossier all’interno di unità archivistiche diverse. È riconoscibile, come si diceva, grazie alla presenza di un piccolo timbro circolare in calce in cui si legge “Anpi - Comitato provinciale di Roma”. Si riportano le unità archivistiche in ordine alfabetico. Di ogni unità documentale si fornisce il riferimento all’ unità archivistica e all’unità di conservazione (fascicolo e busta).
Bibliografia: Alessia A. Glielmi, Guida all'archivio del Museo storico della Liberazione, Vecchiarelli, Manziana, 2015
1 Dalle ricerche effettuate risulta che il volume non fu mai pubblicato.
Documentazione proveniente da una raccolta di giornali, manifesti, volantini e documenti appartenuti a Giulio Tarroni, docente di filosofia, poi ispettore del Ministero della Pubblica Istruzione. Fu acquisita nel 1956. Giunta al Museo fu smembrata e collocata in parte nelle bacheche espositive, in parte nella sezione dell’Archivio Istituzionale denominata Dossier. Nella piattaforma DIGILIBERAZIONE si riportano di ogni unità individuata i titoli, la data, la consistenza e la descrizione.
Bibliografia: Alessia A. Glielmi, Guida all'archivio del Museo storico della Liberazione, Vecchiarelli, Manziana, 2015