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Museo storico della Liberazione - Roma

Sala Montezemolo

Al secondo piano la stanza situata a sinistra dell’entrata è la cucina dell’appartamento, trasformata in cella di prigione, con la finestra murata e la bocca di lupo per far respirare il detenuto e conserva ancora la cappa e il lavello in marmo. Come nelle altre celle non entra luce. Quando fu allestito il Museo, in questa cella e nella corrispondente al piano superiore, la muratura della finestra venne rimossa per la metà, in modo da rendere più visibile la fattura dell’opera.

In questa cella fu prigioniero il tenente colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, capo del Fronte Militare Clandestino della Resistenza , da lui costituito all’indomani dell’armistizio per collaborare da subito con gli Alleati, affinché l’Italia facesse la sua parte nella guerra e questa non continuasse soltanto tra tedeschi e angloamericani. Il popolo italiano doveva riscattarsi dalla sua complicità con il fascismo.

Fu arrestato in seguito a delazione il 25 gennaio 1944 e trucidato alla Cave Ardeatine il 24 marzo 1944. Nonostante le feroci torture cui fu sottoposto nel periodo di detenzione, Montezemolo non parlò mai, impressionando lo stesso Kappler per sua fermezza e il suo coraggio.

Nella parete di sinistra domina una bacheca con la corda usata per legare i polsi dei prigionieri e brandelli di indumenti recuperati dalla salma del colonnello quando, dopo la liberazione di Roma, nel luglio furono esumati i corpi. A sinistra della bacheca il certificato, postumo, inviato alla vedova del colonnello, con il riconoscimento della qualifica di Partigiano Combattente e Comandante generale del FMCR; alla destra, uno straccio bianco usato a mo’ di bandiera per recarsi a Frascati e trattare con Kesselring la resa di Roma, il pomeriggio del 10 settembre 1943.

Sotto la cappa della cucina c’è un pannello con l’organigramma del Fronte Militare Clandestino. Tra la finestra murata e il lavello si vede una parte di muro con i graffiti incisi dal prigioniero, purtroppo oggi illeggibili, e il busto di Montezemolo, opera dello scultore L. Landi, che colpisce per la fierezza dello sguardo. Sopra il lavello di marmo sono collocati due pannelli di cui uno indica la permanenza di Montezemolo nella cella e l’altro riporta le parole del generale inglese Alexander tratte dalla lettera di condoglianze alla moglie “Nessun uomo avrebbe potuto far di più o dare di più alla causa del suo paese e degli Alleati di quanto egli fece” che testimoniano il contributo dato dal FMCR alla guerra di liberazione. In basso due fotografie di Montezemolo, una in divisa militare, l’altra del periodo di clandestinità in abiti civili con i baffi e l’indicazione del nome falso assunto nei mesi di lotta: ingegnere Giacomo Cateratto. Sopra il lavandino è conservata la motivazione della medaglia d’Oro al Valor Militare conferita alla memoria. Sulla parete di destra, un pannello con i nomi e la dislocazione dei raggruppamenti del Fronte Militare Clandestino nell’Italia centrale.