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Museo storico della Liberazione - Roma

Il palazzo diventa carcere nazista

Molto presto, già a settembre, l’edificio viene adibito carcere . Con interventi murari grossolani ma molto efficaci si murano le finestre , si pongono grate sopra le porte, in modo che l’aria possa entrare dall’ingresso e dalle scale, lasciando aperta la porta del pianerottolo. Solo dal febbraio 1944, quando il numero dei prigionieri è fortemente aumentato, vengono aperte in alto delle minuscole finestrelle, alle quali si applicano dall’esterno le “bocche di lupo” , in modo da impedire qualunque contatto con l’esterno: vi passa un po’ d’aria, ma non la luce.

La strada, leggermente in discesa, è chiusa da cavalli di Frisia (sistemi difensivi che ostruiscono il passo a chi procede a piedi o a cavallo costituiti da cavalletti incrociati circondati da filo spinato) all’inizio e alla fine, controllata da SS armate; il passaggio a piedi è consentito solo con un lasciapassare in uno stretto corridoio lungo il muro dell’edificio di fronte. È assolutamente proibito agli abitanti della casa dirimpetto aprire le finestre: per uscire devono servirsi del portone aperto sulla via Emanuele Filiberto parallela a via Tasso.

Ai piani delle prigioni l’ambiente è buio perché dalle stanze non viene luce, aria irrespirabile per il sovraffollamento delle celle e odore insopportabile per la scarsissima igiene dei prigionieri, che possono recarsi al bagno, allora semplicemente una latrina, per pochi minuti la mattina e la sera. La porta è stata rimossa, in modo che il prigioniero sia sempre sotto la sorveglianza del soldato che è di sentinella.

L'interno del carcere

L’edificio di cinque piani viene adibito a carcere relativamente alla parte corrispondente al portone numero 145 che però rimane chiuso, perché gli arrestati solitamente sono fatti entrare dal cortile. 

La parte corrispondente al portone numero 155 è destinata a uffici e alloggiamenti per le SS; la comunicazione tra due parti dell’edificio è possibile attraverso un passaggio al primo e al terzo piano. 

Al piano rialzato c’è l’ufficio di Kappler, dove generalmente avvengono i primi interrogatori degli arrestati. Al primo piano l’ufficio matricola, dove si svolge il rituale dell’ingresso in carcere: il prigioniero viene registrato e gli vengono requisiti gli effetti personali. Gli appartamenti degli altri piani, consistenti in tre stanze, la cucina, il bagno e uno sgabuzzino cieco, ospitano i prigionieri in celle strapiene; lo sgabuzzino funge da cella di isolamento. Alcune celle del quarto piano e una parte del quinto sono riservate alle donne.

Per avere un’idea del sovraffollamento del carcere e quindi delle condizioni di vita al limite delle possibilità umane, consideriamo che al secondo piano in una bacheca è custodito un foglio con data 18 maggio 1944, in gergo tecnico “mattinale” che veniva compilato ogni giorno, con la descrizione numerica della situazione del carcere: 340 prigionieri. Contando il numero dei piani e le stanze, si comprende che le condizioni di vita nelle celle siano invivibili.